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Corso “Gestire il denaro”

L’apprendimento delle nozioni e delle tecniche summenzionate passa attraverso l’applicazione su se stessi. Noi siamo i primi clienti di noi stessi.
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Corso “Gestire il denaro”


  • 16 ore di didattica teorico pratica in due giorni
  • Dalle 9:30 alle 18:30 circa

Nella vita di un essere umano il denaro riveste moltissimi ruoli, assume significati eterogenei e la relazione che ognuno ha con il denaro è il risultato di molteplici aspetti. Ma perché è così complesso gestire la relazione con il denaro al punto di dover imparare a farlo? Qualche tempo fa un consulente finanziario fece questo esempio: se vuoi imparare a sciare o a giocare a tennis sceglierai un insegnante di sci o tennis. In modo analogo se vuoi imparare a gestire il denaro devi rivolgerti a chi lo sa fare. La società crea diverse classi economiche, alcune evidenti e altre meno, ma ognuno di noi tende a vivere in un contesto sociale di persone che hanno più o meno le stesse possibilità economiche e le stesse abitudini nello spendere il denaro. Abbiamo parlato in precedenza del carattere in relazione al lavoro, come risposta psicologica che determina un comportamento e possiamo affermare lo stesso principio anche in relazione al denaro. Il modo di vedere il denaro può evolvere solo imparando altri metodi per relazionarci con il denaro, ecco perché, come per imparare uno sport o un mestiere ci rechiamo da un mentore nel settore cosi quando si parla di soldi dobbiamo rivolgerci a chi prima di noi ha elaborato una strategia vincente. Gli elementi di cui abbiamo bisogno sono di carattere emozionale e riguardano il nostro mondo interiore e tecnico, del come fare per guadagnare, risparmiare, investire, valorizzare le proprie competenze, lo studio del mercato e molti altri fattori. Prima di considerare l’aspetto pratico del denaro dobbiamo occuparci di cosa sta ‘sotto il tappeto’, dei contenuti inconsci, di quelle quelle emozioni non consapevolizzate se no, qualsiasi scelta tecnica fallirà.

Il denaro e i bisogni primari

Il denaro serve al soddisfare i bisogni primari. Attraverso il denaro provvediamo alle esigenze di cibo, vestiti e un tetto sopra la testa. Dal punto di vista metafisico, ovvero ricercando le origini profonde oltre il fatto stesso, viene in nostro aiuto la teoria di origine orientale dei Chakra. Nello specifico possiamo osservare lo sviluppo della coscienza legato a ‘Muladhara’, il primo Chakra. Il bambino nasce con l’innata capacità di provvedere, seppur indirettamente, ai bisogni primari di sopravvivenza, mangiare, dormire, defecare, contatto. Questi bisogni vengono soddisfatti dal bambino attraverso i pochi mezzi a sua disposizione, primo fra tutti il pianto. Attraverso il pianto, egli richiama l’attenzione della madre che si occuperà di dare nutrimento attraverso l’allattamento, di farlo dormire, di cambiare il pannolino e di coccolarlo donando calore e presenza. Ognuno di questi bisogni, e potremmo includere anche la regolazione della temperatura tramite i vestiti, trova soddisfazione attraverso il pianto per richiamare l’attenzione della madre.

In modo analogo l’adulto soddisfa i propri bisogni non più piangendo ma attraverso il denaro con il quale compra cibo e vestiti, mantiene una casa per proteggersi dall’esterno, vive relazioni. L’adulto accede a uno stato di autonomia, l’emancipazione che gli permette di soddisfare i propri bisogni senza dipendere da qualcuno, attraverso il denaro.

Il denaro e il nutrimento della madre

Il rapporto con la gestione del denaro è legato a vicende emozionali e affettive infantili nella relazione con la madre o con il genitore di riferimento. La paura più profonda che alberga in noi è connessa alla sopravvivenza. Di fronte a qualsiasi situazione che ci intimorisce, la radice di quella paura sta nella risposta ancestrale al pericolo di morire. La vita è una sfida, e il bambino sa di non potercela fare senza il legame primario con il genitore. Il sentimento che ne consegue è logico: ‘se mia madre non mi nutre io muoio’. La giovane coscienza che si sta formando impara che il cibo, o meglio ancora il seno, è la sorgente del nutrimento e della sua stessa preservazione in vita.

Osserviamo il pensiero di Melanie Klein, psicoanalista austriaca del 900, nota per lo sviluppo della teoria delle relazioni oggettuali.

Il seno buono e il seno cattivo

Nel 1932 Melanie Klein pubblicò un pionieristico testo “ La psicanalisi del bambino” dove affermava che il piccolo, sin dai primi mesi di vita attraversa difficoltà e disagi, a causa della sua immaturità neuro-psichica, motivati dall’abbandono dell’utero materno. Il neonato, pur non avendo esperienze di vita, è pervaso da fantasie e angosce primordiali con caratteristiche persecutorie e depressive, non ha ancora formato il suo io e utilizza l’Io della madre vivendo in simbiosi. Tutti i suoi bisogni sono individuati e soddisfati dalla madre. Nei primi giorni di vita non percepisce sé è la madre come entità separate, non distingue se stesso dal seno che lo nutre.

Egli vive le sue prime esperienze di piacere dal nutrirsi, dal senso di sazietà e di calore materno e si nutre anche di tutte le componenti del contatto del suo corpo con il seno della madre, il tocco, le carezze, le cure che lo sollevano dai disagi delle deiezioni ma vive anche brevi esperienze di fame, freddo, malessere e dolori.

Il mondo del neonato è tutt’altro che semplice, confuso nel ricevere le impressioni dalla madre, percepite in uno stato di piacere e di dolore.

In questa fase il bambino inizia a dare forma ad una prima parte della madre che si concretizza nel seno creando una scissione: un seno buono che offre tutti i piaceri del benessere corporeo e un seno cattivo percepito quando riceve la sofferenza per le cattive esperienze percepite, iniziando anche ad inserire il sentimento della rabbia. Il bambino, inevitabilmente turbato, vive quindi il dualismo del seno che è percepito come oggetto parziale di se ovvero che fa parte di se stesso, come buono, che nutre e gratifica e come cattivo, fonte di esperienze dolorose. Tuttavia non essendo ancora in grado di vedere la madre come entità separata da se stesso non può pensare che sia proprio quella stessa mamma a provocare in lui le emozioni non gratificanti e l’io del bambino non può gestire la sensazione di assenza.

La separazione dalla madre, identificazione e introiezione

La Klein identifica due posizioni dell’infante derivanti dalla scissione con la  madre, separazione che in psicosintesi viene identificata col nome di ferita primaria: la posizione schizo-paranoide e la posizione depressiva. Non lasciamoci spaventare dai termini poiché non indicano una vera e propria patologia se non nella misura in cui l’adulto non ricompone le parti di se attraverso un lavoro di consapevolezza. Trattare temi di questo tipo ha proprio lo scopo di conoscere il nostro vissuto e la formazione della coscienza per smettere di essere dominati dall’inconscio e diventare padroni della propria vita.

Nella posizione schizo-paranoide, per il bambino è impossibile sentire che gli aspetti libidici e quelli aggressivi possano derivare dalla stessa fonte. La parte buona viene proiettata e identificata e la parte cattiva viene introiettata affinché il contenuti cattivi non soffochino quelli buoni.

In seguito, nella posizione depressiva  il bambino si rende conto di come in realtà la mamma che si occupa del suo piacere e lo fa stare bene e quella che lo fa stare male siano la stessa mamma. Egli scopre che l’aggressività non è distruttiva, può a volte arrabbiarsi, la mamma può essere arrabbia ma l’amore non svanisce, anzi, diventa più forte.

Questo fondamentale processo può avvenire solo se il bambino ha avuto modo di sperimentare l’aggressività propria e della madre senza essersi sentito distrutto da essa. L’ambiente familiare deve necessariamente fornire un equilibrio tra aggressività e espressione di amore. In molti contesti familiari si vivono situazioni con una forte carica aggressiva, ripetuti conflitti tra i genitori e forme verbali o addirittura fisiche violente verso i figli. In altre famiglie si manifesta l’opposto, una censura del no, che sarà introiettata come un divieto inconscio a dire i propri no evitando l’aggressività a proprio danno. Sperimentare la possibilità di arrabbiarsi e di far arrabbiare, continuando a sentire l’amore proprio e dell’altro senza che ciò porti ad una disgregazione psicologica ed emotiva è fondamentale per esprimermi totalmente sia negli aspetti di amore e collettività che in quelli di diversità e di definizione dei confini, che a volte possono essere percepiti come atti di esclusione.

Nell’adulto la madre introiettata diventa la capacità di badare a se stessi. L’io cresciuto e maturato ha ancora a che fare con il seno buono e il seno cattivo non più come oggetto parziale di se ma come risorse interiori che producono il piacere e il malessere.  Entra in causa il lavoro! Poiché la soddisfazione dei nostri bisogni rientra nella posizione di piacere a livello dell’io, lo strumento con il quale entriamo in contatto con la capacità di soddisfare i nostri bisogni ovvero il lavoro, riveste un ruolo centrale. Identifichiamo nel lavoro quella madre, buona o cattiva, che ci fa vivere bene o male. Viviamo il nutrimento/lavoro in funzione di quanto abbiamo elaborato la scissione dalla madre e la forza di farci strada nel mondo del lavoro corrisponde alla capacità accettare la nostra aggressività come mezzo di differenziazione. Il no come espressione del confine ci proietta sulla nostra strada e ci pone nelle situazioni lavorative più redditizie e funzionali al nostro processo evolutivo.

Il denaro e i desideri

Non viviamo solo di bisogni, abbiamo anche desideri che possono essere considerati secondari rispetto ai bisogni primari ma certamente hanno la loro importanza. Un individuo felice e realizzato non vive solo di lavoro, cibo, vestiti per coprirsi, riposo e poco altro. Una vita piena e soddisfacente è caratterizzata da esperienze di apertura, di svago, di scoperta, tutte cose che hanno un costo. Il desiderio di relazioni e le esperienze di studio, di viaggio, di scoperta sono parte integrante della nostra vita e devono essere riconosciute come motivanti a guadagnare denaro. La difficoltà ad avere denaro o a spenderlo per arricchirci di esperienze è collegata ad una mancata considerazione dei nostri desideri. Tutti noi desideriamo ma siamo capaci di credere nei nostri desideri? Alcune volte siamo così lontani dall’ascoltare i nostri desideri che smettiamo di sentirli e non sappiamo cosa vogliamo fare, cosa ci piace. Quando non viviamo in sintonia con i nostri desideri ci deprimiamo, perdiamo la forza, la motivazione ad ottenere il denaro di cui abbiamo bisogno per tutte le cose utili e belle della nostra vita. Se vogliamo ottenere denaro dobbiamo essere chiari su come spenderemo quel denaro per noi.

Il denaro come rappresentazione del proprio destino

Il destino, ineluttabile, l’insieme delle cause che determinano gli eventi della vita!

Talvolta siamo arroganti, pensiamo di sapere qual’è il nostro destino e cerchiamo di manifestarlo a tutti i costi senza sapere quale esso sia realmente. I ricchi e i poveri, fortunati e sfortunati e così via categorizzando, separando e definendo con l’arroganza di voler giudicare la realtà. Cosa centra il denaro? Se la nostra mente non è aperta ad un mondo di infinite possibilità, viviamo ogni momento come risultato delle nostre aspettative. Prendiamo tutto ciò che sappiamo sul denaro e lo riproponiamo in continuazione. Se abbiamo vissuto o ereditato l’informazione che il denaro danneggia, cercheremo situazioni che non ci mettano nelle condizioni di danneggiare proprio non avendo denaro. Se l’informazione registrata nella nostra coscienza è che il denaro separa,  eviteremo il denaro per paura della separazione. Potremmo scrivere centinaia di pagine sulle memorie legate al denaro e tutte le situazioni avrebbero in comune la ricerca di una specifica relazione con il denaro al fine di non cambiare le cose, di seguire un presunto destino. Siamo portati a ricercare ciò che non abbiamo e fuggiamo da quello che non conosciamo, un controsenso esistenziale con il quale dobbiamo fare i conti.

Il denaro è energia, un ponte tra ciò che facciamo per il quale siamo pagati e ciò che potremo fare. Accettare il denaro nella propria vita significa non mettersi al di sopra della realtà giudicandola e pensando di sapere cosa deve scandire le nostre giornate e il futuro ma bensì accettare di essere plasmati dalle forze dell’universo giorno dopo giorno.

La gestione pratica del denaro

Esiste una comunità tribale in Tanzania, gli Hadza, nella suggestiva savana, un popolo che non è stato influenzato dal processo di industrializzazione. Sono ancora cacciatori-raccoglitori, organizzati in piccoli gruppi privi di egoismo e competitività. Vivono in condivisione e reciprocità, senza vincoli e dipendenza. L’accesso alle risorse è totalmente comune e tutti hanno nella stessa misura e allo stesso tempo. Nessuno accumula risorse o esercita autorità su altri. Le risorse in eccesso vengono scommesse in una sorta di gioco d’azzardo.

Gli Hadza sono probabilmente il modello di società più vicino al punto di partenza dell’uomo, quando non esisteva la possibilità e la necessità di conservare e di accumulare beni. Le risorse venivano distribuite equamente tra tutti gli appartenenti alla comunità. Chiediamoci: viviamo in un contesto di questo tipo? Potremmo fare richiesta per vivere con gli Hadza? La risposta logica è no e allora rendiamoci conto che il contesto in cui viviamo impone delle regole di appartenenza e sopravvivenza. Nella società di cui facciamo parte abbiamo la possibilità di usare le regole del sistema senza esserne assoggettati, ma alcune regole vanno seguite. Proprio come gli Hadza dispongono delle informazioni per vivere nella savana, a contatto con una natura tanto meravigliosa quanto brutale, la gestione del denaro presuppone l’acquisizione di informazioni e competenze per vivere la nostra savana, la cultura dei paesi occidentali. Cambia lo scenario ma i principi di sopravvivenza sono, per quanto diversi, paragonabili.

Esiste un vero e proprio metodo per ottimizzare le risorse economiche e sono solito chiamarlo ai miei corsi: “Il foglio di Exel”

Denaro e organizzazione

Navigando sul web o leggendo libri sulla gestione del denaro si trovano metodi e teorie di economisti e studiosi su come guadagnare denaro e come amministrarlo. Di seguito riportiamo alcuni dei temi maggiormente ricorrenti:

  • mindset
  • strategia
  • risparmiare un decimo
  • annotazione dei costi
  • controllo delle spese costi necessari e superflui
  • investimenti
  • aumentare la capacità di guadagnare
  • entrate automatiche

La considerazione e l’applicazione dei punti summenzionati potrebbe essere decisiva nel cambiare la nostra relazione con il denaro ma spesso vengono dati per scontati o per inapplicabili. Considerando il mindset ovvero avere un pensiero organizzato, molti rispondono con le parole: “si si lo so” ma non cambiano nulla nella loro organizzazione mentale. La strategia sembra essere … “di quelli che hanno studiato”; risparmiare un decimo… “ma se non riesco neanche ad arrivare a fine mese”; annotazione dei costi… “più o meno lo so quanto spendo”; costi necessari e superflui… “almeno mi concedo qualcosa ogni tanto”; investimenti… “sempre roba per chi ha studiato e poi io non ho soldi”; aumentare la capacità di guadagnare… “le ore sono quelle, di più non posso fare”; entrate automatiche… “cosa?”

Con questo modo di pensare non cambieremo mai nulla, ma la verità è che si può cambiare, basta lavorare sodo proprio su ciò che non sappiamo!

Obiettivi del corso Gestire il denaro

  • Fornire nozioni teorico-pratiche sulla gestione del denaro
  • Redigere un piano di azione per gestire il processo economico

A chi si rivolge

Il corso è aperto a tutti coloro che desiderano migliorare la relazione con il denaro

Requisiti

Apertura mentale, interesse e disponibilità all’apprendimento

Programma del corso

  • Il significato del denaro
  • Denaro come nutrimento
  • Il denaro, bisogni e desideri
  • Denaro e relazione con la madre
  • La gestione pratica del denaro
  • Come redigere il proprio piano di azione

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Le attività e i corsi di Hridaya Centro Studi Ayurveda Integrato sono svolti da Simone Fanciullo, professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013 e da operatori e medici qualificati.